Borgo Orefici

Un Crocifisso di legno risalente al 700 infisso su una base di calcestruzzo armato, sui cui lati in rilievo i simboli della passione di Cristo. A copertura della scultura lignea che ha doppia faccia, giacchè visibile “fronte retro”, una struttura di rame simile ad un baldacchino. E’ al centro della piazza degli Orefici, che, a sua volta, è il centro dell’omonimo Borgo, tra Via Marina e il Corso Umberto, all’altezza della sede centrale dell’Università Federico II. Un borgo antico, dove si concentrano le botteghe degli orafi e dove si respira il Medioevo, più che altrove a Napoli. Si racconta che il Crocefisso fosse stato posto li’ da una famiglia napoletana che praticava il commercio di pietre preziose, a seguito della grazia della guarigione da una malattia respiratoria, ricevuta da uno dei suoi membri proprio dopo essersi imbattuto nella visione di un crocefisso in un viottolo di campagna. Sulla facciata di un palazzo che chiude la piazza una targa dedicata a Matteo Treglia, l’orafo napoletano al quale si deve la realizzazione, dopo circa un anno di lavoro, di uno dei piu’ spettacolari gioielli di tutti i tempi, un capolavoro dell’oreficeria mondiale, la Mitra di San Gennaro, oggi custodita nel Museo del Tesoro a via Duomo. Un oggetto unico al mondo, non solo per l’intinseco valore delle pietre preziose utilizzate, ma anche per la tecnica sopraffina con la quale esse sono state una ad una incastonate, maestria che rivela la profonda conoscenza delle gemme e dei loro significati simbolici: la sapienza per gli smeraldi, la fede inattaccabile per i diamanti, il sangue dei martiri per i rubini. Del resto, a Napoli la tradizione orafa ha una storia lunghissima. Ne è dimostrazione l’obbligo imposto da Federico II ai maestri dell’arte orafa di dichiarare la composizione dei manufatti al fine di garantirne, diremmo oggi, un determinato standard di qualità.

E’ dell’epoca angioina l’istituzione della corporazione degli orafi che nelle vicinanze della Chiesa di S. Eligio, il santo protettore appunto degli orafi, installarono le proprie botteghe artigianali. Qui si affinavano via via le tecniche di lavorazione dell’oro e si andavano coniugando, alla perizia del mestiere, le doti artistiche e la fantasia degli artigiani napoletani. Ciò che determinò il loro affrancarsi definitivamente dalla scuola francese portata a Napoli dagli angioini. Ai tempi della regina Giovanna I, nella seconda metà del 1300 fu ufficializzata la corporazione e ne furono disciplinati gli organi rappresentativi. L’autonoma dignità, il rilievo anche giuridico della corporazione fu suggellato dallo statuto concesso da Alfonso d’Aragona nel 1474. Nella piazzetta degli orefici a partire dal 500 si procedeva fuori dalle botteghe e alla presenza del rappresentante della corporazione e dei cittadini alla fusione dell’oro. E l’attenzione e il rilievo dell’arte orafa continuò e si consolido’ anche sotto i Borbone che a Napoli fondarono il Reale Laboratorio delle Pietre Dure cui segui’, nel1738, la scuola di pietre dure, cammei e gioie: il Real Laboratorio di San Carlo alle Mortelle.

Le produzioni orafe napoletane ebbero una punzonatura che ne consentiva il riconoscimento in tutto il regno e, pure quando furono abolite le corporazioni da Ferdinando II, agli orefici furono accordati benefici fiscali per incentivare la produzione e l’istituzione di nuove botteghe, sempre nel borgo che, ormai, era zona assegnata quasi esclusivamente all’attività di produzione e commercio di oro e preziosi. Ancora oggi il Borgo degli Orefici rappresenta il nucleo della produzione orafa campana, dove sopravvivono attività di oreficeria che si tramandano da generazioni. Nel 2000 è nato il “Consorzio Antico Borgo Orefici” che, oltre a valorizzare l’intero quartiere degli orefici, tenendone viva la secolare storia, gestisce anche un polo di formazione accreditato dalla Regione Campania, incubatore di imprese. La scuola ha sede presso il palazzo “la Bulla”, dal nome di una sorta di medaglione che i romani facevano indossare ai neonati e fino al sedicesimo anno di vita per protezione dalle forze e dagli spiriti maligni. Nella stessa sede del Palazzo “La Bulla” in via Duca di S. Donato 73, a poche decine di metri dalla Chiesa di S. Eligio, è stato fondato anche un museo di arte orafa, MOArt – Museo Orafo e dell’Artigianato, un’affascinante esposizione che celebra la ricchezza dell’artigianato orafo napoletano nella storia.

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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