Una immersione nella storia di Napoli. Un castello antichissimo risalente al XII secolo, secondo solo a Castel dell’Ovo. Castel Capuano che si erge allo sbocco del decumano maggiore, Via dei Tribunali, ha vissuto alterne vicende di splendore ma anche di decadenza, quando fu preso d’assedio dal popolo all’epoca della congiura di Macchia del 1701.



Da residenza reale con i normanni e con gli svevi, a luogo deputato ad ospitare fasti e celebrazioni solenni con gli Angioini e gli Aragonesi, a palazzo della giustizia a partire dall’età vicereale, con Pedro di Toledo che volle riunire in un solo luogo, il Palazzo della Vicaria, tutte le Corti e i Tribunali di Napoli. Le funzioni assunte dal castello nel corso dei secoli sono perciò profondamente legate alla storia delle dominazioni che si sono susseguite a Napoli e alla espansione urbanistica della città.






In origine all’esterno della cinta muraria, come testimonia la pianta di Napoli ricostruita da Bartolomeo Capasso, il castello assolse una funzione prettamente difensiva che andò perdendo quando, successivamente, fu inglobato nel perimetro urbano. La visita a Castel Capuano è anche un viaggio nella storia del sistema giudiziario napoletano, teatro di vita vissuta da intere generazioni di avvocati, magistrati, cittadini comuni, detenuti e malfattori, a partire dall’epoca del vicereame fino quasi ai giorni nostri, quando è avvenuto il trasferimento di tutti gli Uffici giudiziari al Centro Direzionale.






Attualmente sede della Scuola superiore della Magistratura, della Scuola Forense e della Fondazione Castel Capuano, di regola il palazzo è inaccessibile al pubblico, ma è possibile visitarlo il terzo sabato di ogni mese con il Touring Club di Napoli. Si tratta di occasioni imperdibili per conoscere il passato millenario del Castello, attraverso il racconto delle tappe che ne hanno scandito la storia, degli aneddoti, dei misteri e delle leggende che albergano nei corridoi del palazzo, come quella che narra del vagare del fantasma di Giuditta Guastamacchia, condannata a morte il 19 aprile del 1800 per l’efferato omicidio del giovane marito, fatto a pezzi per renderlo irriconoscibile, nipote del suo amore proibito, il prete Don Stefano d’Aniello. Ma la visita del Castello è anche un viaggio nella storia delle arti figurative di cui fa sfoggio il monumentale, prospettico, Salone dei Busti, magnificamente affrescato dal Cacciapuoti con le allegorie delle dodici province del Regno e il cui perimetro è scandito dai busti marmorei dei principi del foro napoletano.

Qui si apre la Cappella della Sommaria che rapisce lo sguardo con i suoi stupendi affreschi di Pedro de Rubiales, chiamato da Pedro di Toledo nel 1548 per la decorazione con storie cristologiche ed allegorie della volta e delle pareti. Chiara è l’influenza del Vasari nell’uso che de Rubiales fa dei colori e della tecnica decorativa dell’oro a rilievo su sfondo chiaro, che evoca quella utilizzata dal maestro nel refettorio del complesso di S.Anna dei Lombardi. Il ciclo degli affreschi si chiude con la rappresentazione del giudizio universale di indubbia ispirazione dantesca. È in questa cappella che i magistrati sostavano a meditare prima di decidere sulle condanne da infliggere ai colpevoli, imprigionati nei sotterranei del castello e sottoposti alle più orrende torture fino alla pena capitale. Un dipinto di età settecentesca “Il Tribunale della Vicaria” attribuito a Carlo Coppola o ad Ascanio Luciani e attualmente conservato nel Museo della Certosa di San Martino dà un’idea abbastanza nitida di come dovesse essere animata e caotica la zona antistante il castello. Esso riproduce con dovizia di dettagli scene, costumi, personaggi e pratiche della giustizia dell’epoca: dalla colonna infame da cui i debitori insolventi si esponevano al pubblico ludibrio pronunciando le parole “cedo bonis”, alla figura del “trombetta”, il banditore che con il suono della tromba proclamava editti e sentenze, alla pratica di “appendere” i condannati dalle finestre del Palazzo con le braccia legate dietro alla schiena come modalità di espiazione della pena.






In “Napoli e i Napoletani” di Carlo Del Balzo c’è un intero capitolo ” I Paglietti” che dipinge con vivace e ironico realismo uno spaccato dei vizi e delle virtù del sistema giudiziario a Napoli di fine Ottocento, descrivendo le atmosfere, i colori, l’umanità e le miserie di chi a vario titolo frequentava le sale del Palazzo e il suo cortile.
Gli affreschi che decorano la Cappella della Sommaria, interamente ricoperti con calce, rimasero celati per secoli, per tornare alla luce ai tempi di Ferdinando II di Borbone, quando il Castello fu oggetto di un complessivo restauro. Il percorso prosegue tra epigrafi e pandette che insieme agli stemmi che decorano il prospetto principale e la torre dell’orologio, agli ipnotici soffitti lavorati a cassettoni della sala della Corte di Appello, dove una volta si svolgeva la cerimonia del giuramento degli avvocati, tracciano la storia di Napoli nell’arco dei secoli, fino all’epoca post unitaria. Dalle ampie finestre della sala, si apre la vista sulla Chiesa di S. Caterina a Formiello e su Porta Capuana. Il magnifico cortile, fino a qualche decennio fa brulicante della più varia umanità, è oggi completamente restaurato e si lascia ammirare in tutta la sua imponenza tra i portici che ne segnano il contorno e gli scaloni di accesso ai piani superiori. Dal centro del cortile, volgendo lo sguardo in alto, il cielo è incorniciato come in un quadro.
Circa due ore di visita, attraverso racconti che tengono avvinti i visitatori tra sale stupendamente affrescate, ampi corridoi che percorrono il perimetro del castello, rievocando le pagine più significative della storia di Napoli e delle sue istituzioni.
Le prossime visite avranno svolgimento il 17 maggio e il 21 giugno, prima della pausa estiva.
Per prenotarsi occorre inviare una mail a [email protected].
Per aggiornamenti è possibile consultare il sito
https://www.touringclub.it/chi-siamo/presenza-sul-territorio/la-struttura-volontaria/vdt-campania/napoli
Un sentito ringraziamento al @Touring Club Napoli, a Lella di Lucca per l’accoglienza e a Francesco Grossi per le accurate spiegazioni che hanno reso ancor più coinvolgente e interessante la visita di Castel Capuano.
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