Castello Aselmeyer – Lamont Young

Nel tratto finale di via del Parco Margherita, salendo in direzione del Corso Vittorio Emanuele, si apre una visione insolita, assai originale rispetto al contesto. La storia di chi ne è l’artefice è straordinariamente interessante. Suggestioni neogotiche su materiali naturali, come la pietra vesuviana, incastonate nel tufo della collina.

E’ Il Castello Aselmeyer, dal nome del banchiere che lo acquistò intorno al 1904 e ne fece la sua residenza.

A progettare l’imponente castello fu un architetto napoletano di origini britanniche che vi abitò per circa due anni prima di trasferirsi alla Gaiola, Lamont Young, l’architetto che avrebbe potuto cambiare il volto di Napoli…

Siamo a cavallo tra l’800 e il 900. Autore di vari edifici napoletani tra cui la sede del Grenoble in via Crispi, di lui si è detto “visionario, inventore, folle, genio, fallito”… una personalità poliedrica, ma a tratti oscura, proprio come oscura fu la sua morte, pare per suicidio, nella sua ultima dimora, Villa Ebe a Pizzofalcone.

Che si fosse trattato di un genio, discusso e incompreso, non vi è però alcun dubbio.

Fu suo il primo progetto di metropolitana a Napoli, minuziosamente inquadrato in una visione urbanistica della città straordinariamente avanti rispetto ai tempi. Nei suoi progetti la creazione del Rione Venezia a largo di Posillipo, fatto di canali e isolette, vie navigabili e laghi come piazze, proprio sul modello della città lagunare È sua l’intuizione delle enormi potenzialità turistiche di Bagnoli, che doveva essere capolinea della metropolitana e zona di grandi alberghi, parchi pubblici e di un palazzo per le esposizioni internazionali. Si legge che Young non riuscì a trovare supporti finanziari (se non all’estero) e che i tempi stretti concessi dalle istituzioni non gli permisero di procacciare i sufficienti finanziamenti per realizzare il progetto. L’area di Bagnoli venne dopo poco messa all’asta e acquistata per pochi soldi dal proprietario dell’Ilva. I progetti di Young finirono definitivamente sepolti nei cassetti della politica, sotto la coltre di una burocrazia tanto miope quanto, forse, corrotta. A Lamont Young è stato recentemente dedicato un documentario a cura di Francesco Carignani ,”il sogno di Lamont Young”, realizzato con il supporto scientifico del Dipartimento di Architettura della Federico II.

Il “re dei Castelli per aria”, così come lo chiamava Paolo, il figlio di Matilde Serao e di Edoardo Scarfoglio, genialità ed utopia a Napoli, “quel pezzo di paradiso caduto in terra”.

Scritto da:

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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