Chiesa di San Pietro Martire

Settecentotrenta anni di storia di Napoli racchiusi nella Chiesa di San Pietro Martire. Anno 1294, la sua fondazione per volere di Carlo d’Angiò. Una storia lunghissima fatta di vicende altalenanti, ricchezza e splendore, ma anche rovina e disastri, come il maremoto del 1343, il terremoto del 1456, la trasformazione in Manifattura Tabacchi nel decennio francese, lo scampato pericolo della demolizione all’epoca del risanamento, le bombe della seconda guerra mondiale, rimaneggiamenti e ricostruzioni che ne hanno via via modificato il volto. Nel 2021 si sono conclusi i lavori di recupero e restauro della Chiesa di San Pietro Martire, realizzati nell’ambito del progetto UNESCO per il centro storico di Napoli. Così è stato restituito alla città e al suo patrimonio storico e artistico un gioiello di incommensurabile valore, nella sua veste settecentesca, barocca, adornato di decorazioni e stucchi, dove il bianco predomina dando risalto ai colori della pavimentazione e ai marmi policromi della tribuna e delle cappelle.

A Pietro da Verona, santo martire domenicano del Medioevo, è intitolata la Chiesa in Piazza Ruggero Bonghi, di fronte a Via Mezzocannone, attigua al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II, che occupa quello un tempo fu il chiostro del complesso conventuale dei Domenicani.

L’acqua è il filo conduttore di questo posto, acqua di mare perché la costa era a pochi metri dal sito dove essa sorge, detta zona della “calcaria” per la presenza numerosa di forni per la calce. Ma anche, soprattutto, acqua dolce, molto probabilmente uno dei rami del fiume Sebeto che corre sotto il suo suolo della Chiesa.

Acqua limpida come un cristallo, acqua incorruttibile, l’acqua miracolosa di San Pietro martire aveva il pregio di non corrompersi anche se conservata per lungo tempo, l’acqua più buona di Italia. Nelle “Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli“, Celano scrive che Carlo V, prima di lasciare Napoli, ne faceva approvvigionamento per le sue galee.

I padri domenicani – che si erano distinti nella battaglia papale contro Federico II – furono i destinatari della primitiva donazione e tutta la Chiesa ne è una celebrazione nelle tele, nelle sculture e nei marmi che adornano le cappelle. In quelli policromi, opera di Dioniso Lazzaro, l’allievo di Fanzago, grandissimo scultore e marmoraro del 600 che raffigura, con i colori dell’ordine religioso, il bianco e il nero, i simboli dei martiri e dei domenicani: lo stemma con le tre corone, la palma e il giglio. Attraverso le cappelle laterali che si aprono sulla navata si ripercorrono le tappe della storia di questa chiesa.

Della fase angioina è conservata una testimonianza nel bassorilievo che rappresenta la Madonna con in braccio il bambino col pettirosso, il simbolo della passione, nell’atto di incoronare i nobili. Probabilmente si tratta del timpano dell’originario portale angioino, opera dei fratelli Pacio e Giovanni Bertini da Firenze, seguaci di Tino da Camaino che operò a Napoli al servizio di Roberto d’Angiò. Sempre alla Vergine è dedicata la pala d’altare quattrocentesca che ne raffigura la ‘transizione”, dalla “dormitio virginis” di matrice bizantina in cui è rappresentata nella sua tomba circondata dagli apostoli, alla sua incoronazione in alto, dopo l’assunzione in cielo.

Particolarmente cara agli aragonesi, la chiesa custodisce le spoglie di Pietro d’Aragona, fratello del Re Alfonso e le sepolture della figlia di Ferrante I, Beatrice e della stessa moglie di Ferrante, Isabella di Chiaromonte, devota sostenitrice dei domenicani di S. Pietro Martire.

La cappella dedicata a San Vincenzo Ferrer fu costruita proprio per volere di Isabella Chiaromonte che chiamò a realizzarla Colantonio, pittore napoletano, maestro di Antonello da Messina. Il polittico che nella cappella è visibile in una riproduzione, oggi è conservato presso il Museo di Capodimonte.

Non solo pitture, ma anche sculture straordinarie sono visibili nelle cappelle di S.Pietro Martire. Tra queste, superba la rappresentazione di San Matteo e l’angelo di Bartolomé Ordoñez, che, nella torsione del corpo dell’angelo, denuncia la lezione di Michelangelo e l’innovativa resa del movimento riprodotta dalla torsione di Maria nel Tondo Doni.

Le due cappelle che precedono il transetto mostrano il nudo piperno dei pilastri e delle arcate, liberato dagli addobbi barocchi.

Di straordinario pregio qui è il sepolcro di Antonio de Gennaro, giureconsulto della corte aragonese, attribuito a Giovanni da Nola. Un monumento funerario molto articolato che fu smembrato nella sua complessa composizione nel corso del 1600. Di esso sopravvivono in più parti della chiesa elementi scultorei, tra i quali particolarmente significative le sculture che rappresentano la prudenza e la giustizia.

Suggestiva la raffigurazione del De Gennaro scolpito con il capo adagiato su un libro aperto. Sorreggono il monumento sepolcrale le tre sirene, Ligea, Leucosia e Parthenope, rappresentate, come nelle più antiche iconografie, come donne alate.

La visita si conclude nel piccolo cortile a cui si accede dalla parte finale della navata. Il cortile dove doveva trovarsi il famoso pozzo dell’acqua miracolosa di San Pietro e dove si ammira, alta, sgargiante nei suoi colorati embrici maiolicati, la cupola splendida di Fra’ Nuvolo.

Oggi la Chiesa di San Pietro Martire è affidata alla Comunità di Sant’Egidio che vi svolge celebrazioni, incontri di preghiera e attività solidali a favore dei più deboli. L’Associazione culturaleRespiriamo Arte“, nata nel 2013 da un’idea di giovani laureati napoletani, con competenze nel campo artistico e letterario, si occupa con passione della valorizzazione della Chiesa di San Pietro Martire anche attraverso l’organizzazione di accurate visite guidate ed eventi culturali, aggiungendo questo straordinario complesso a quelli sui quali ha già acceso un faro nel corso degli anni passati, la chiesetta di S. Luciella e quella dei S.S. Filippo e Giacomo, tesori fino a qualche anno fa “dimenticati” e sottratti alla fruizione collettiva. La Chiesa di San Pietro Martire, conosciuta forse fino a pochi anni fa solo dagli studenti di Lettere e Filosofia, entra a pieno titolo tra le più straordinarie testimonianze del nostro patrimonio artistico e culturale. Qui è passata la storia di Napoli.

Scritto da:

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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