Museo della Moda Elena Aldobrandini – Fondazione Mondragone

Superate le Rampe Brancaccio, nella parte alta dei Quartieri Spagnoli, prima di intraprendere il percorso che conduce a Monte di Dio, attraverso Via Nicotera, ovvero di salire in direzione del Corso Vittorio Emanuele, si apre un piccolo largo, Piazzetta Mondragone. Non tutti sanno che la piazza custodisce un gioiello del passato, ma anche una realtà viva ed aperta alla città, il Museo dell’Abbigliamento e del Tessile Elena AldobrandiniFondazione Mondragone. Il Palazzo era il “Ritiro per Matrone Vergini e Oblate” voluto, intorno alla metà del ‘600, da Elena Aldobrandini, moglie di Antonio Carafa, Principe di Stigliano e Duca di Mondragone. Un rifugio che accoglieva nobildonne senza dote, ragazze bisognose e vedove sole, a cui veniva impartito l’insegnamento delle cosiddette arti donnesche del cucito e del ricamo. In luogo della splendida Chiesa di S. Maria delle Grazie, attigua al Palazzo, progettata da Arcangelo Guglielmelli in epoca successiva e in stile tardo barocco, vi era una piccola cappella, corrispondente all’attuale sacrestia della Chiesa. L’istituto traeva fonte di sostentamento dalle rendite della fondatrice, nonché da lasciti e donazioni delle famiglie della nobiltà e dell’alta borghesia napoletana. Durante il periodo francese, le sue attività subirono una battuta d’arresto, quella che toccò agli istituti religiosi e ai Monasteri di Napoli che, depredati di ogni ricchezza, furono soppressi da Giuseppe Bonaparte. Con Regio Decreto del 1870, il Ritiro divenne “Reale Istituto di Mondragone”, assumendo, alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione, il ruolo e la natura giuridica di ente morale, di educazione e formazione, poi denominato nel 1898 “Istituto Educativo Femminile Mondragone“. Pur nelle difficoltà di mantenimento della struttura, aggravate dallo scoppio dei due conflitti mondiali, l’Istituto riprese l’opera educativa dopo la seconda guerra, promuovendo l’esercizio di forme artistiche legate al tessuto e al ricamo. La Fondazione Mondragone è poi divenuta negli anni 2000 Istituto di Alta Cultura, organismo di formazione e di orientamento della Regione Campania ed, infine, Museo del tessile e dell’abbigliamento nel 2008, con lo scopo di “perpetuare gli intendimenti della fondatrice, volti all’elevazione sociale e culturale delle giovani generazioni”.

Che si tratti di un luogo pieno di storia e di storie lo si percepisce subito dal portale di ingresso sul piccolo largo che è separato dalla piazzetta Mondragone da un lungo cancello di ferri. Due cortili comunicanti circondati da porticati con archi a sesto ribassato, in altezza le facciate interne sono decorate da lesene che scandiscono le arcate e le vetrate ai due piani superiori.

Alla fine del primo cortile alcune teche di vetro espongono, corredate da racconti e spiegazioni, abiti antichi e macchine per legatoria, oltre che la leggendaria Singer. Da un secondo cortile, attraverso una piccola scalinata, si accede ad un incantevole giardino, un grande prato che si sviluppa alle spalle della Chiesa, regalando una suggestiva atmosfera di quiete che si apprezza ancor di più perché si innesta in un contesto urbano caratterizzato da elevatissima densità edilizia.

Ma se affascinante é il “contenitore”, il palazzo che lo ospita, il “contenuto”, il Museo della Moda, lo è ancora di più. Un unicum a Napoli. Un percorso museale che si sviluppa su due piani nelle sale e nei corridoi che percorrono il perimetro dell’edificio. E’ un viaggio nella storia della moda che, attraverso il modo di agghindarsi delle donna, ripercorre anche le tappe della sua emancipazione, da simbolo di bellezza a protagonista della storia, artefice dei suo destino.

Tutti gli abiti del museo della Moda, attualmente in esposizione, sono originali ad eccezione di quelli ubicati nella prima sala e riproducenti gli abiti de “Las Meninas” di Diego Velázquez. Nella stessa sala c’è anche una marsina da uomo con gilet di fine Settecento della donazione Dohrn, ma la parte più consistente del posseduto museale è indicativa della cultura vestimentaria dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni.

All’interno del museo si ritrovano poi le opere di diversi stilisti del primo e secondo novecento, tra i quali Fausto Sarli, l’inventore di uno stile fatto di leggerezza, contaminazione tra tessuti, geometrie e Livio De Simone cui è dedicata la sala “Il Mediterraneo di stoffa“, fantasie di tessuti e colori intensi rubati dalla natura, dal mare di Capri, per creazioni sartoriali di raffinata manifattura.

Le collezioni esposte, non solo di abiti, ma anche di accessori – tra i quali un posto di primo piano hanno i guanti, eccellenza della manifattura artigianale napoletana – e di tessuti di arredo, quelli magnifici di San Leucio, rivelano i gusti delle varie epoche, la raffinatezza dei dettagli e l’eccezionale abilità di chi li ha realizzati. Sartorie prestigiose che hanno reso grande la tradizione tessile, in special modo quella napoletana, nel mondo.

Un percorso nella moda che è cultura, specchio di epoche e tradizioni, evoluzione dell’apparire e dell’essere della donna. Con raffinata sapienza in alcune sale sono riportate sulle pareti le citazioni di stilisti che hanno fatto la storia della moda. La sensazione che ne scaturisce è quella di vivere un’esperienza che va ben oltre l’osservazione ammirata di “oggetti da museo”. Osservazione che diventa stupore nella sala dedicata ai bottoni, scenograficamente di grande impatto, per tramutarsi in riflessione attenta a tematiche di grande attualità, quella della ecosostenibilità dei tessuti, cui è dedicata la parte finale del percorso espositivo. Uno sguardo al passato, al presente e al futuro che veicola il messaggio di una maggiore consapevolezza dell’importanza di preservare l’ambiente per i futuri abitanti del pianeta, anche attraverso processi upcycling e di recupero creativo.

Dal 2019 sotto la guida della dott.ssa Maria d’Elia, il museo dell’abbigliamento e del Tessile Elena AldobrandiniFondazione Mondragone costituisce un polo museale inclusivo e partecipativo, “un laboratorio di idee aperto a giovani designer, alla comunità locale e alle associazioni”che, attraverso la sua collezione permanente, gli eventi che organizza e le sinergie realizzate con istituzioni pubbliche e private, esalta la grandezza del passato, ma è proiettato al futuro e all’innovazione.

Fino al 12 marzo 2024 il museo è tappa espositiva della “Casa del guanto” della Stazione Sperimentale per l’industria delle Pelli e delle Materie Concianti”.

Scritto da:

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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