Osservatorio astronomico di Capodimonte

Il 700 è epoca di grande fermento culturale e, seppur più lentamente che in altri ambiti, a partire dalla seconda metà del secolo prende avvio anche a Napoli un’attività astronomica, forse anche a seguito dell’istituzione della cattedra di Astronomia e Nautica voluta da Carlo III di Borbone, nel 1735. Ma in mancanza di strutture e laboratori stabili, alla cui realizzazione le istituzioni non riuscivano a garantire sostegno, l’astronomia era per lo più oggetto di dibattiti teorici che avevano luogo neii salotti buoni e nelle scuole private gestite in gran parte da ordini religiosi.

Intorno alla metà del Settecento erano funzionanti in città la Specola del Collegio Reale delle Scuole Pie a San Carlo alle Mortelle, gli Osservatori privati di lord Acton e del principe Ferdinando Vincenzo Spinelli di Tarsia.

Alla fine del 700, dopo non poche sollecitazioni di cui fu instancabile portavoce il Cassella, titolare della cattedra di astronomia della Reale Accademia della Marina, il governo borbonico acconsenti alla realizzazione di uno stabilimento astronomico. Fu scelto all’uopo l’angolo nord est del Real museo e l’architetto Pompeo Schiantarelli fu incaricato di provvedere all’adeguamento dei relativi progetti. L’opera fu abbandonata forse anche perché la sede non consentiva una completa visione del cielo. Traccia della prima allocazione nell’attuale Museo archeologico nazionale è appunto la Meridiana realizzata dallo stesso Cassella nel 1791, nel salone della biblioteca reale, oggi noto come Gran Salone della Meridiana. Col passaggio al regime francese, il rinnovato interesse per le scienze portò a convertire in osservatorio astronomico l’antico belvedere del Monastero di S. Gaudioso. Qui, benché non disponesse di mezzi e strumenti sufficienti, il Cassella si dedicò integralmente allo studio, fino a quando, ammalatosi di bronchite contratta proprio durante le osservazioni dei corpi celesti, morì nel 1808. Da Gioacchino Murat, succeduto a Giuseppe Bonaparte, nel 1812, l’allora direttore della specola, l’astronomo Federigo Zuccari, ottenne l’autorizzazione e i fondi per costruire una nuova sede per l’osservatorio. Fu individuata, quale luogo ideale allo scopo, la collina di Miradois, un’altura vicina alla reggia di Capodimonte, dove insisteva la villa di proprietà degli eredi di Bartolomeo di Capua, 4° Principe della Riccia, fatta costruire nel ‘500 dal marchese di Miradois. “Un sito isolato e rinchiuso in un ampio giardino… con orizzonte libero”, interrotto solo in parte dal Vesuvio e dalla collina dei Camaldoli. Qui iniziarono i lavori per la costruzione del “Real Osservatorio Giovacchino”, secondo le indicazioni progettuali, per la prima volta, non di un architetto, ma di uno scienziato che conosceva bene le finalità e le specifiche prerogative che l’impianto astronomico avrebbe dovuto possedere.

Ma i lavori subirono battute di arresto che ne protrassero la durata fin quando, dopo il ritorno a Napoli di Ferdinando I di Borbone, nel 1819, finalmente fu inaugurato l’osservatorio astronomico di Capodimonte. Nel timpano che sormonta il colonnato dorico della facciata di evidente stile neoclassico, fu posta l’iscrizione “FERDINANDUS I ASTRONOMIAE INCREMENTO MDCCCXIX”.

La Specola di Capodimonte si annovera tra gli istituti internazionali più attivi e prestigiosi per la ricerca e per la didattica ed è sede della sezione napoletana dell’Istituto Nazionale di AstroFisica – INAF – il principale ente italiano per la ricerca astronomica e astrofisica da terra e dallo spazio.

Che si sia o meno appassionati di astronomia, conoscere e visitare l’osservatorio astronomico di Capodimonte è un’esperienza straordinaria, da vivere in un luogo che sembra davvero fuori dalla città, su un panorama che non ha uguali.

Scritto da:

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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