Palazzo Berio (già Palazzo Vaaz)

Quando si percorre il tratto finale di Via Toledo, all’altezza della stupenda Galleria Umberto, è molto difficile resistere alla tentazione di entrarvi subito, tanto è magnetica, oppure di proseguire dritto verso la splendida Piazza Trieste e Trento che è lo sbocco della strada e l’inizio di un altrettanto affascinante itinerario artistico e storico. Ma prima di intraprendere l’uno o l’altro viaggio, vale la pena di fermarsi ad ammirare il Palazzo Berio (già Palazzo Vaaz), un elegante edificio ubicato al numero civico 256 di Via Toledo. Fu eretto nel 500 da Giulio Romano, allievo di Raffaello Sanzio, su commissione del conte di Mola, Simone Vaaz, finanziere di origini portoghesi.

Quando nel 1772 fu celebrato a Napoli il battesimo di Maria Teresa, la prima dei diciotto figli di Ferdinando IV di Borbone e di Maria Carolina, la città era tutto un festeggiamento. Si legge che, per celebrare la nascita della primogenita, fu coniata anche una moneta – medaglia, la piastra Fecunditas e che poco prima del lieto evento “furono inviati messi a tutti coloro che avevano obbligo di trovarsi per il parto della regina nel palazzo reale, i capi dei Tribunali, gli eletti della città, le dame di corte e i gentiluomini di Camera che accorsero al palazzo con tutto lo sfarzo possibile” (dal foglio enciclopedico n.48 del 16 giugno 1772 riportato dal Tomo di studi di numismatica di Giovanni Bovi, in Cronaca Numismatica). All’evento partecipò anche il marchese di Salsa, Giovanni Domenico Berio, patrizio genovese, uomo di cultura, che affitto’ il palazzo in argomento dal duca Perrelli di Monasterace, proprio per metterlo a disposizione per i festeggiamenti che avrebbero seguito il battesimo di Maria Teresa. Per rendere il palazzo all’altezza degli invitati alla festa, furono commissionati a Luigi Vanvitelli la realizzazione di un salone da ballo ed un teatro, sulla cui struttura pare sia stato poi realizzato l’attuale Augusteo. Fu l’ultimo incarico di Vanvitelli, che ridisegnò completamente la facciata principale e le pareti del cortile e affidò ai pittori Giacinto Diano e Gaetano Magri le decorazioni della sala da ballo e del teatro stesso. Infine, a lavori ultimati, Berio acquistò definitivamente il palazzo.

Rinomato per la sua biblioteca, all’epoca fra le più importanti di Napoli, per le numerose opere d’arte raccolte anche da Francesco Maria Berio, figlio di Giovanni Domenico, il palazzo divenne cenacolo degli artisti e dei letterati più illustri del tempo, uno tra tutti il Canova che per i Berio realizzò il gruppo scultoreo “Adone e Venere”. Dopo il 1820, anno della morte del marchese, il palazzo fu frazionato per successione in più parti e quasi tutte le opere d’arte ivi raccolte andarono perdute e (s)vendute.

Fu poi nuovamente restaurato nel 1826 ad opera di Gaetano Genovese, ai tempi in cui ospitava al piano terra la famosa pasticceria svizzera Caflisch che molti napoletani ricordano.

Nel 1922 parte del palazzo venne demolita per consentire la realizzazione della piazzetta Augusteo, contemporaneamente alla costruzione della Funicolare. Nel corso di lavori di restauro effettuati qualche anno fa dagli attuali proprietari, dalla controsoffittatura di una delle sue sale al piano nobile, scoperto per caso ritoccando una piccola fessura, è riaffiorato un affresco di Diano che rappresenta Enea e Didone.

Questa è solo una pillola sui tesori che i palazzi storici di Napoli custodiscono, una pillola che, se lo si desidera, si può assumere seguendo una sola indicazione: fermarsi a guardare.

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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