Il portale mistilineo in piperno e i mascheroni reggibalcone sono i segni inequivocabili che quell’edificio dalla facciata rossa in Via Salvator Rosa 259, nei pressi di Piazza Mazzini, custodisca almeno tre secoli di storia. È il Palazzo Loffredo, nella veste settecentesca risultante dalla ristrutturazione, opera di Domenico Antonio Vaccaro, di una fabbrica preesistente, già rilevabile nella seicentesca veduta Baratta, quando doveva forse essere un casino di campagna dislocato nella ancora scarsa edificata zona dell’Infrascata.
Il palazzo Loffredo è un gioiello che si rivela a poco a poco. Quando finalmente quel portone, quasi sempre serrato, dischiude lentamente i suoi battenti, davanti agli occhi prorompe in tutto il suo splendore la scala aperta a tre arcate che fa da sfondo al cortile, anticipato dallo stemma dei Loffredo, casata nobiliare di origine normanna, che campeggia nella volta del vestibolo.
Molto poco si sa del palazzo in argomento ma ciò che è certo, al di là della straordinaria scenografia creata da quella scala settecentesca, è che tra queste mura si respira storia, arte, cultura e anche un po’ di mistero.
A molti è sconosciuto che al secondo piano dell’edificio c’è un appartamento costituito da due infilate di stanze in cui è vissuta una personalità affascinante e poliedrica, la giornalista, scrittrice, poetessa, docente, ma soprattutto studiosa, Clara Miccinelli, purtroppo scomparsa nel 2017. Chi era Clara Miccinelli lo raccontano Francesca Romano e Aida Panaro, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell’Associazione culturale “A casa di Clara” che ha sede proprio in questa casa.
L’Associazione nasce per conservare la memoria di una figura straordinaria quale fu Clara Miccinelli, onorando il suo instancabile impegno di studio alla ricerca della verità su fatti e vicende di portata mondiale – come la conquista del Perù da parte di Pizarro – ma anche su personaggi che hanno lasciato un segno nella storia, come il Principe di Sansevero, Raimondo de Sangro, una delle menti più eccelse del Settecento. Con i suoi libri sul Principe, Clara Miccinelli opera una documentata riabilitazione della sua figura avverso l’ingiustizia storica che lo fece passare, soprattutto per via delle “macchine anatomiche” da lui realizzate, per aguzzino, stregone, omicida.
Mosse dall’esigenza di non lasciare nelle scatole oggetti, documenti, ricordi che sono pezzi di storia della famiglia che qui ha abitato per oltre duecento anni, ma che sono anche un patrimonio di cultura che deve essere preservato, conosciuto e divulgato, proprio durante la pandemia, Francesca Romano – che era amica della Miccinelli – e Aida Panaro hanno riaperto quei vecchi bauli, sistemato oggetti, libri, documenti, giornali, accumulati da Clara e dai suoi avi, portando alla luce memorie storiche di eventi e persone di cui, a mano a mano, hanno scoperto connessioni e legami nascosti. Piccole tessere che, sistemate nel verso giusto, formano il grande puzzle della storia. Una storia riscritta secondo verità, quella verità che fu ricercata da Clara Miccinelli attraverso lo studio e la decifrazione dei Quipu, il linguaggio dei nodi Inca, di cui è stato trovato un frammento, unico esemplare sillabico esistente al mondo, nella preziosa raccolta di “documenti Miccinelli”, pervenuti in eredità a Clara dallo zio, Riccardo Cera, che li aveva ricevuti in dono dal duca Amedeo di Savoia tra il 1927 e il 1930, suo amico e commilitone.
Un immenso lavoro approdato ad una conclusione che sconfessa la storia come è stata tramandata per secoli e rivela come la conquista del Perù, avvenuta con il massacro di Cajamarca il 16 novembre 1532, fu compiuta con terribili atrocità e con la somministrazione alla guardia reale Inca di vino avvelenato con arsenico.
La casa di Clara è un serbatoio inesauribile di curiosità, un museo racchiuso tra mura che parlano, un luogo da visitare in più riprese, dove gli ambienti conservano intatto il fascino degli arredi e delle atmosfere di un passato intriso di misteri svelati e di altri forse ancora da decifrare. La visita delle stanze che si susseguono l’una dopo l’altra, da quella riservata alla lettura, alla “sala del Principe”, a quella dei ventagli, alla sala dei giochi, al “Cabinet de curiosités”, allo studio personale di Clara, è un percorso affascinante in cui ogni oggetto, dal bozzetto originale degli scavi di Pompei eseguito dal regio disegnatore Giuseppe Abbate, alla bomboniera del matrimonio tra Amedeo di Savoia e Anna di Francia, alla riproduzione della carrozza marittima inventata dal Principe di Sansevero, è portatore di una storia che va conosciuta.
Un atto del 1763 custodito nell’archivio notarile di Napoli documenta che il Principe avesse preso in affitto proprio questo appartamento con uso delle grotte sottostanti il palazzo per condurre le sue ricerche in grande riservatezza, cio’ che poteva realizzare in un luogo come l’Infrascata, all’epoca “solitario e arioso”. Qui Raimondo De Sangro incontrava la scienziata e traduttrice Maria Angela Ardinghelli, membro dell’Accademia delle Scienze, ponte di collegamento tra le comunità scientifiche di Napoli e Parigi.
Oggi queste storie e tantissime altre che riguardano il Principe di Sansevero, la lettera apologetica, le sue scoperte scientifiche che hanno anticipato di secoli le conoscenze attuali, ma anche quelle che restituiscono la cronaca italiana dall’Unità alle due guerre, attraverso la ricca emeroteca di famiglia, possono essere conosciute attraverso l’Associazione A casa di Clara che apre le stanze di casa Miccinelli per condividere, attraverso visite guidate, eventi, serate musicali e incontri tematici, testimonianze storiche, misteri e meraviglie napoletane.
A Napoli, a Palazzo Loffredo, in Via Salvator Rosa 259.
Per approfondire sull’Associazione A casa di Clara
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Grazie a Francesca Romano e ad Aida Panaro per la meravigliosa accoglienza a casa di Clara.