Porta San Gennaro

Che Napoli sia un museo a cielo aperto non è un’affermazione retorica. Lo è per le innumerevoli testimonianze di epoche passate che ogni angolo della città mostra, lo è perché è una città in cui la storia e l’arte si respira in ogni dove, al di fuori delle mura di musei e chiese, a disposizione di tutti, ogni giorno e a costo zero. Non è poi così consueto trovarsi davanti ad un affresco di uno dei più grandi pittori del 600, semplicemente camminando per strada. Quel che succede a Porta San Gennaro, al cospetto dell’edicola dipinta da Mattia Preti nell’unico affresco sopravvissuto alle demolizioni, alle intemperie (e all’inquinamento) di tutti quelli che a lui furono commissionati dal Consiglio degli Eletti di Napoli, a valle dell’epidemia di peste che vi si abbatte’ nel 1656, mietendo centinaia di migliaia di morti. Fu deliberato che sulle porte cittadine fossero dipinte immagini votive in segno di ringraziamento per la fine della peste e Mattia Preti fu incaricato di realizzarle.

Non costituì, però, per l’artista una commissione come le altre, perché il corrispettivo era ben più importante del denaro: la libertà.

Condannato a morte per l’omicidio di una guardia, uccisa a Porta Capuana nel tentativo di eludere il divieto di accedere all’interno delle mura e di varcare il cordone sanitario imposto da vicerè, patteggiò la propria liberazione con l’esecuzione degli affreschi.

Quello sulla Porta di San Gennaro rappresenta la Vergine Immacolata con il Bambino in braccio, affiancata da San Gennaro, San Francesco Saverio e Santa Rosalia che intercedono per la fine del morbo, allegoricamente rappresentato come una donna martoriata da piaghe e rivestita di cenci nell’atto di mordere sé stessa.

Degli affreschi realizzati da Mattia Preti sulle altre porte di Napoli non vi è traccia se non in alcuni bozzetti custoditi nel Museo di Capodimonte.

Quello sulla Porta di San Gennaro, è stato oggetto di un restauro complesso che si è completato nel 2021, con tutte le difficoltà delle restrizioni derivate dalla pandemia del Covid-19, per iniziativa del FAI Campania e dell’Associazione Friends of Naples, grazie alla collaborazione tra enti pubblici e privati, Associazione dei Restauratori Napoletani, con l’apporto finanziario di ACEN, Associazione Costruttori Edili e di altre realtà imprenditoriali private che hanno restituito alla città di Napoli un gioiello, il cui valore è tanto più grande perché frutto di una sinergia tra pubblico e privato, fondamentale nel recupero del patrimonio artistico a vantaggio di tutta la collettività.

Che poi ciò sia avvenuto per la porta più antica di Napoli, Porta San Gennaro, rende ancor più importante il restauro.

Benchè in posizione più arretrata rispetto a quella attuale, certamente nell’età del ducato di Napoli, è attestata da Bartolomeo Capasso l’esistenza dell’antica porta che segnava da Nord la via di accesso alla città, così come parimenti risulta che fosse questa la sua denominazione, a San Gennaro, perché era l’unica via per arrivare alle catacombe intitolate al Santo patrono che si trovano nella Sanità. Nel 1537 fu spostata in quella che è l’attuale posizione dal vicerè “urbanista” Don Pedro di Toledo che ne fece eliminare le torri laterali. Nella parte interna della porta si affaccia il busto di San Gaetano, scolpito da Bartolomeo Mori intorno al 1659. Al riguardo si legge, nel catalogo generale dei beni culturali, che l’omissione da parte di Mattia Preti nel suo affresco del Beato Gaetano Thiene, ritenuto dai Teatini artefice della cessazione del morbo della peste, avesse suscitato le loro vibrate proteste, sopite appunto con la concessione a loro elargita di porre sulle porte di Napoli statue o busti del loro fondatore.

Sotto la porta, un altro ex voto, risalente al 1887, una nicchia con il quadro della Vergine, a ringraziamento della città, ancora una volta sopravvissuta ad un’altra devastante epidemia, quella del colera che divampò tra il 1884 e il 1886. Uno strano filo conduttore, peste, colera, covid 19, epidemie che in qualche modo si legano a questo luogo che, per fortuna o per grazia di Dio – e per Esso di San Gennaro – siamo qui ad ammirare e a raccontare…

Scritto da:

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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