Viale Calascione – Monte di Dio

A dispetto della toponomastica “viale”, si tratta di una stradina stretta, una traversina di Via Monte di Dio, che chi non vi abita difficilmente percorre perché è senza uscita. Essa, infatti si chiude in un piccolo slargo dove una ripida scalinata, oggi non accessibile a tutti, perché protetta da un cancello in ferro, conduce a Vico S. Maria in Cappella Vecchia, alle spalle di Piazza dei Martiri. Viale Calascione è un luogo defilato, fuori dal percorso abituale, una deviazione di qualche minuto che non delude chi si è lasciato trasportare dalla curiosità di quell’arco – che sulla Via Monte di Dio ne costituisce la via di accesso – o dall’intuizione che spinge ad addentrarsi in ogni meandro di Pizzofalcone, perché qualcosa di bello, di interessante, qui sempre c’è. Difatti, a pochi metri dall’arco si costeggia un edificio di epoca ottocentesca, sulla facciata esterna una lastra che ricorda che in esso ha vissuto fino alla morte nel 1871, il grandissimo musicista e compositore Sigismondo Thalberg, caposcuola della scuola pianistica napoletana.

Arrivati alla fine del Viale Calascione tre edifici fanno da perimetro del largo che presenta un lato aperto, da dove lo sguardo va all’edificio rosso dell’Accademia della Nunziatella, alla facciata posteriore del Villino Wenner, scandito da una fila di statue e colonne e in basso ad un muraglione tufaceo su cui si intravede una cava. La scalinata, per un tratto denominata Rampe Caprioli, è conosciuta anche come “duje centesimi”, tale essendo l’obolo che un tempo si pagava per poterne fruire ed arrivare in pochi minuti nelle immediate vicinanze di piazza dei Martiri.

Ma non è tutto. Il piccolo Largo con cui ha termine il viale Calascione, dove peraltro ha abitato l’Avvocato Gerardo Marotta, il fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, riserva ancora un’altra sorpresa. Una facciata bassa, rossa, su cui si apre un grande portale che introduce in un delizioso cortile. Il porticato è formato da archi a tutto sesto sormontati da una terrazza. E’ un palazzo del 700, il palazzo Alvito, al civico n.16 di Viale Calascione.

Qui è vissuto Renato Caccioppoli, il grande genio napoletano della matematica. Giovanissimo diventò professore universitario: le sue lezioni ipnotizzavano gli studenti, ai quali spesso non risparmiava la sua ironia e le sue bocciature. Pianista eccellente, uomo di libertà, convinto antifascista, una cultura poliedrica, anticonformista, un temperamento carismatico, ma anche molto tormentato. Un dolore intimo, profondo – raccontato anche nel film di Martone “Morte di un matematico napoletano”- che lo condusse al suicidio nella sua ultima residenza napoletana, Palazzo Cellamare a Via Chiaia.

La vita, la personalità, la storia di Renato Caccioppoli, il suo rapporto simbiotico con Napoli, sono ricostruiti in un recente libro di Lorenza Foschini, giornalista, scrittrice, per molti anni volto del Telegiornale RAI, nonché parente dello stesso Caccioppoli: “L’attrito della vita. Indagine su Renato Caccioppoli matematico napoletano“.

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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