Uno dei posti più magici di Napoli. Dall’alto del Monte Echia e sullo sfondo delle prime rampe che scendono da via Egiziaca a Pizzofalcone a via Chiatamone, un’immagine che entra dentro l’anima. Le torri neogotiche in pietra lavica che si stagliano sul panorama sono quel che resta di Villa Ebe di Lamont Young, a cui sono sono state nel 1992 intitolate le rampe stesse. Lui l’architetto, urbanista visionario, il genio inarrivabile e incompreso di cui abbiamo parlato a proposito del Castello Aselmeyer, di un ventennio precedente. Lamont Young era troppo avanti rispetto ai suoi tempi: è sua la firma del progetto di un ascensore per collegare Pizzofalcone con Santa Lucia, progetto respinto, insieme a tutti quelli elaborati e rimasti irrealizzati che avrebbero reso Napoli una città all’avanguardia anche dal punto di vista dei trasporti. Qui visse dal 1922 e qui pare si sia tolto la vita pochi anni dopo, nella villa che chiamò col nome della moglie, Ebe, che continuo’ ad abitarvi fino agli anni 70. Fortemente compromessa nella struttura dalle “insidie del tempo”, da un terribile incendio doloso nel 2000 che provocò la quasi totale distruzione degli ambienti interni, nonché dall’incuria che si è perpetuata negli anni a seguire, restaurare Villa Ebe è un dovere morale, non solo per onorare la memoria del genio Lamont Young, ma anche per restituire alla città che lui ha tanto amato, nella sua pienezza, uno dei suoi scorci più suggestivi. A Pizzofalcone, dove è nata Parthenope.
