“Col vento in poppa per ogni rotta“. In uno dei luoghi più panoramici di Napoli, a Via Tito Angelini, poco prima di giungere al Belvedere di San Martino dove la vista si perde su tutta la città che è ai piedi della collina, si erge un edificio appariscente che è un tripudio di decori, stucchi, fregi e incisioni. Uno ad uno e tutti insieme costituiscono non solo una celebrazione di liberty, secondo le tendenze dominanti di inizio Novecento, ma anche un racconto scandito da parole incise, motti e simboli da decodificare, una facciata parlante. È il Villino Elena e Maria, realizzato nel 1904 da Ettore Bernich e Michele Capo, i cui nomi fiancheggiano l’iscrizione “Mirate qui Napoli Nobilissima l’incantevole Sirena”, sull’architrave dell’ingresso secondario. Ed infatti, la veduta dal palazzetto è la cartolina di Napoli, un quadro di mille colori incorniciati tra il Vesuvio che è di fronte e la curva, dolce, che il golfo disegna davanti agli affollati tetti della città, alle cupole delle Chiese, ai palazzi che, da quassù, sono piccolissimi.
Tra i più attivi collaboratori della rivista “Napoli nobilissima“, l’architetto romano Ettore Bernich e l’ingegnere Michele Capo, autore della Villa Cuomo a Sant’Eframo vecchio, danno vita ad un apparato decorativo assai esuberante, quasi affollato, fedele alla tendenza floreale al tempo imperante, di cui fa sfoggio nel ferro battuto, nelle linee dei balconi, nei fregi delle colonne, negli stucchi che incorniciano l’ingresso con motivi naturalistici di foglie e fiori, ma si arricchisce anche di figure più inconsuete, tratte dal mondo marinaresco, come ancore, remi e velieri. Per contro le ali del palazzetto hanno un aspetto più austero, meno ridondante, che più si avvicina allo stile neoclassico.
Sopra le aperture del balcone centrale della facciata, due velieri procedono a vele spiegate, col vento in poppa, in rotta di collisione. Su uno è incisa la scritta “Palepoli“, sull’altro “Napoli“, come ad evocare la coesistenza tra antico e moderno, tradizione e contemporaneità, le due anime di Napoli. Forse questo è il messaggio che l’invito a mirare qui “Napoli Nobilissima, l’incantevole Sirena” vuole trasmettere: la continuità tra passato e presente, il mito di Parthenope, le radici che la ventata nuova e fresca che spira nella Napoli del primo Novecento non può e non deve cancellare.